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Circuito

La realizzazione del Circuito del Lario


L'idea si concretò nel 1921 con la prima edizione della gara, battezzata Circuito del Lario (che è il nome classico del lago di Como) e riservata alle macchine di 1000, di 750, di 500 e di 350 cc: le macchine della classe 350 dovevano compiere cinque giri del percorso pari a 182,5 km, le altre sei giri pari a 219 km.
Le partenze, date le caratteristiche del percorso, dovevano avvenire individualmente, il che implicava la costruzione di un quadro dei tempi come quello del Tourist Trophy e un maggiore impegno da parte dei corridori che praticamente erano sempre sotto pressione perché avevano notizie della propria posizione soltanto quando passavano davanti ai box.
La gara era massacrante anche in condizioni normali: Io divenne ancora di più perché la prima edizione si svolse sotto la pioggia. Il percorso, dai 425 metri di altitudine di Asso, saliva ai 494 di Valbrona per poi scendere a picco in sei chilometri ai 216 metri di Onno, sulle rive del lago, dove proseguiva in piano fino a Bellagio per risalire poi in dieci chilometri dal bivio di Visgnola fino alla Madonna del Ghisallo, 745 metri, il punto più alto del percorso. Dopo il Ghisallo una lunga discesa tutta curve e controcurve riportava i concorrenti ad Asso, attraverso la strada della Valassina.
Il quartier generale della gara fu stabilito ad Asso, dove c'erano un centralino telefonico e un ufficio telegrafico, dove il vecchio fotografo Paredi, corrispondente locale della Gazzetta dello Sport, teneva i contatti tra la stampa e l'organizzazione e dove un certo "Tanin", meccanico di biciclette e di macchine per cucire, metteva a disposizione la sua modesta attrezzatura ai corridori, che non avevano al seguito i meccanici e i carri-officina che hanno adesso: tutti si davano da fare per aiutarsi e non si poteva fare a meno di essere amici. Rivali lo si diventava in gara, anche se si era della stessa Casa, perché gli ordini di scuderia non esistevano ancora.
Il traguardo del 1921 era a Lasnigo, tre chilometri prima di Asso scendendo dal Ghisallo: si passava tra un gruppo di case, si imboccava un ponte in curva e si arrivava a un brevissimo tratto che si poteva chiamare ret­tilineo solo con. molta fantasia. Qui c'erano le attrezzature per la stampa, i box, le autorità e i cronometristi che non avevano strumenti elettronici ma davano i tempi giusti con cronometri ancor oggi di tutto rispetto.
 
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